Il Consiglio di Stato boccia l’idea di trivellare un lago in provincia di Chieti. “Dal progetto Forest danni insostenibili per la collettività locale”
da Chieti, Sara Schiarizza
Non bastava il mare. Ci hanno provato anche nei pressi di un lago a trivellare in Abruzzo, a Bomba, in provincia di Chieti. Ed hanno perso: “Il Comitato di Cittadini “Gestione Partecipata Territorio” è felice di informare tutti i cittadini abruzzesi che la Sentenza del Consiglio di Stato di oggi (ieri, ndr) ha sancito la fine del progetto Forest a Bomba in considerazione dei rischi di danni insostenibili per la collettività locale”.
Già. Un comitato di cittadini, supportato dalle organizzazioni ambientaliste presenti sul territorio, l’ha spuntata contro una multinazionale americana che, dal 2009, tentava di imporre la propria presenza al fine di sfruttare il giacimento di gas naturale sito nel Comune di Bomba, a poche centinaia di metri della diga sul fiume Sangro. Una battaglia durata quasi sei anni quella degli abitanti del piccolo borgo abruzzese, che ieri hanno finalmente viste riconusciute le proprie ragioni, avallate già in due occasioni dalla commissione VIA (Valutazione Impatto Ambientale) e mal digerite dalla Forest Oil, che per altrettante volte ha fatto ricorso al TAR. A chiudere definitivamente la questione, la sentenza del Consiglio di Stato, il massimo organo della giustizia amministrativa, che premia l’impegno – civile, scientifico e di divulgazione – di una comunità unita in difesa del proprio territorio.
“Nel 2009, appresa la notizia della richiesta di permesso da parte della Forest Oil di sfruttare il giacimento di Bomba – spiega Massimo Colonna, portavoce di “Gestione Partecipata del Territorio” – abbiamo dato vita ad un comitato di cittadini che ha studiato approfonditamente, col supporto di tutte le figure professionali competenti, i documenti redatti dalla multinazionale. Ci siamo presto resi conto di trovarci di fronte non ad un’opportunità, ma ad un rischio, dovuto soprattutto alla fortissima instabilità idrogeologica della zona, che vede la presenza di un lago artificiale. L’estrazione del gas in modo intensivo avrebbe messo a rischio la stabilità della diga ed avrebbe potuto attivare una serie di frane già esistenti”.
Di qui, l’inizio della mobilitazione del comitato che, coinvolgendo professori universitari, ingegneri, geologi, avvocati che hanno collaborato gratuitamente alle tantissime attività svolte nel corso di questi anni, ha dapprima inoltrato le motivazioni della propria contrarietà alla commissione VIA per poi impegnarsi in una capillare opera di informazione della cittadinanza e dei municipi del circondario, che con le loro delibere hanno appoggiato la battaglia, fino ad arrivare alla redazione di un documento congiunto da parte della Provincia di Chieti e di ventuno Comuni abruzzesi nel quale chiara, e ben motivata, era l’opposizione al progetto Forest. Del resto, quest’ultima poggiava le sue basi, in primis, su un’argometazione ineccepibile: il principio di precauzione rispetto ai gravi rischi potenzialmente connessi al fenomeno della subsidenza, consistente nell’abbassamento del livello del terreno. Si tratta degli stessi gravi rischi per i quali, tra l’altro, l’Eni, pur avendo ottenuto in passato tutti i permessi necessari, aveva rinunciato all’estrazione del gas sullo stesso sito; gli stessi gravi rischi tenuti in considerazione dalla sentenza del Consiglio di Stato che ha dichiarato, in maniera definitiva, l’insostenibilità del progetto della Forest.
“E’ stato un iter lungo – afferma Fabrizia Arduini, referente energia per il WWF Abruzzo -, l’esito positivo del quale è da attribuire all’impegno del Comitato “Gestione Partecipata Territorio”, che ringraziamo perché, documenti alla mano, ha saputo dimostrare quanto fragile potesse essere quel territorio e come il coinvolgimento di un intero paese possa portare a risultati tanto importanti”.
Risultati che, per giunta, arrivano alla vigilia di un altro fondamentale appuntamento per la popolazione abruzzese: la manifestazione di sabato 23 maggio, a Lanciano, in occasione della quale cittadini, amministrazioni comunali e più di 280 tra enti, associazioni, comitati e organizzazioni scenderanno in piazza per opporsi alla deriva petrolifera della regione, all’installazione delle piattaforme “Ombrina” ed “Elsa 2” a pochi chilometri dalla costa e al provvedimento positivo per l’installazione di nuovi pozzi nell’area petrolifera “Rospo Mare”.
L’esempio della cittadinanza di Bomba è a portata di mano.
Che suoni anche da buon auspicio.